La sfida più attuale, e per certi versi urgente, per il mondo industriale è rappresentata dalla sostenibilità. Se le tecnologie 4.0 hanno avuto il merito di promuovere sistemi produttivi capaci di affrontare, fra le altre, le sfide ambientali e sociali - pensiamo ad esempio all’approccio in termini di manutenzione predittiva e all'efficienza energetica - con l'Industria 5.0 si è fatto un passo in avanti decisivo verso un modello più forte, pensato per resistere alle crisi economiche e per rispondere alle grandi sfide ambientali e sociali. In poche parole, un’industria più resiliente, sostenibile e incentrata sull’uomo.
A ben guardare, buona parte degli obiettivi dell’Industria 5.0 erano già evidenti nella definizione originaria di "sviluppo sostenibile" formulata dalla Commissione mondiale sull'ambiente nel lontano 1987: “Un modello di sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.
Ciò che è cambiato negli ultimi tempi è la consapevolezza di trovarsi di fronte a un tema che non può più essere slegato dagli aspetti economici e produttivi. La trasformazione verso un'industria sostenibile richiede un uso, appunto, sostenibile sia delle risorse rinnovabili che di quelle non rinnovabili. Ridurre l'impatto ambientale significa intervenire in ogni fase della catena di fornitura, dalla progettazione alla gestione del ciclo di vita dei prodotti. Le aziende manifatturiere devono assumersi una responsabilità sociale, essendo agenti di produzione di valore e occupazione. Devono considerare sia il benessere dei lavoratori che delle comunità in cui operano, sia locali che globali, colpite dalle disuguaglianze causate da modelli di sviluppo non sostenibili.
Una rivoluzione che è anche culturale
In tutto questo, l'uomo riveste un ruolo centrale. L’Industria 5.0 richiede un cambiamento culturale e organizzativo che porti a valorizzare il capitale umano, adottando modelli circolari. La pandemia ha accelerato questo processo, certo, aprendo nuove possibilità organizzative grazie alle tecnologie digitali, ma non basta. Il passaggio a Industria 5.0 suggerisce infatti un vero e proprio riorientamento culturale e organizzativo, con nuovi modelli manageriali che coinvolgano e valorizzino i lavoratori e che includano un processo di riqualificazione delle competenze.
La centralità dell’uomo – va detto - non è in contrasto con una visione della Smart Factory, ma è al contrario abilitata proprio dalle tecnologie di Industria 4.0. L’impiego di queste ultime permette infatti di automatizzare compiti ripetitivi e gravosi - dalla movimentazione delle merci ai controlli di manutenzione in zone remote o pericolose degli impianti – lasciando all’operatore più tempo per occuparsi di compiti a più alto valore cognitivo. In poche parole: l’automazione permette all’uomo di valorizzare quella scintilla creativa che lo contraddistingue dalle macchine.
Non bisogna poi dimenticare che il progresso tecnologico, quando è capace di offrire prodotti e servizi davvero innovativi, mette a disposizione strumenti in grado di affrontare importanti temi sociali e contribuire a ridurre le disuguaglianze.
Il contributo di SEW-EURODRIVE per la sostenibilità
Nell’ultimo Rapporto di Sostenibilità, un documento che fa luce su 19 temi portanti a livello Ambientale, Sociale e di Governance (ESG), di cui cinque incentrati sulle persone, emerge molto di quanto accennato finora: divulgazione e crescita della cultura sostenibile, salute e sicurezza dei lavoratori, parità di genere, cultura digitale, valorizzazione competenze e well-being.
In SEW-EURODRIVE crediamo che il singolo talento non sia più sufficiente: per fornire un servizio impeccabile occorre che tutti i reparti siano eccellenti e, soprattutto, sincronizzati tra loro. La possibilità di esprimere le potenzialità personali è il cardine attorno al quale si sviluppano la cultura e la responsabilità sociale, driver fondamentali del cambiamento. In questo senso, far crescere le persone attraverso la delega e la responsabilità diffusa è un punto centrale per l’empowerment di tutta l’azienda. Riuscire a liberare sempre più energie creative è la vera sfida da vincere. L’obiettivo è creare un contesto fertile, una cultura che permetta di esprimere il potenziale di tutti.
L'approccio human centered investe anche la supply chain: i fornitori sono un elemento chiave da coinvolgere in toto. Ciò stimola effetti positivi non solo in termini economici ma su tutto l’ecosistema, rendendo sempre più chiare le aspettative nei loro confronti, in termini di impegni da assumere nella tutela e salvaguardia degli aspetti sociali e ambientali, oltre a quelli consolidati di prodotto e servizio.
Perché misurare è importante
Affinché la sostenibilità non si perda in promesse generiche o evanescenti, fondamentale è adottare una strategia data-driven, basata cioè sui KPI che permettano di monitorare con costanza l’impatto e i progressi delle azioni effettuate sui processi interni e lungo la supply-chain.
Perché questo sia efficace, servono strumenti mirati in grado di garantire maggiore consistenza alle azioni: una mappa strategica, innanzitutto, per guidare gli interventi attraverso valori ed elementi distintivi appartenenti alla mission e alla vision aziendale; Balanced Scorecard (BSC) di ecosistema e di business per allargare da un lato gli orizzonti a tutti gli stakeholder e, dall’altro, per mettere a fuoco gli interessi di tutti senza ricadere in strategie di pura crescita di business; un sistema di MBO (Management by Objectives) annuali assegnati ai singoli manager e collegati agli obiettivi di sostenibilità.
Questi ultimi coinvolgono i diversi responsabili aziendali, il cosiddetto “Core Team”. Ma non solo. A questo scopo, ad esempio, in SEW-EURODRIVE è sorto un vero e proprio Team di sostenibilità, composto dai membri del Core Team, a cui si aggiungono i Sustainability Manager e i Marketing Manager e i consulenti esterni selezionati per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità.
Tecnologie e soluzioni sempre più vicine all’uomo
Il ruolo sempre più centrale del monitoraggio nella gestione degli obiettivi di sostenibilità è evidente anche nelle tecnologie, nelle soluzioni e nei servizi.
Ne è un esempio concreto DriveRadar®, una piattaforma software innovativa per la gestione dei macchinari che offre una serie di funzionalità avanzate per trasformare i dati raccolti dal campo in un vero e proprio sistema olistico di monitoraggio in grado di ridurre i fermi improvvisi, efficientare i processi e ottimizzare la manutenzione. L’idea di fondo è che il riconoscimento dei dispositivi e la mappatura dell'impianto rappresentino una vera e propria finestra aperta sullo stato di salute degli asset. Che consenta, grazie alla connessione in tempo reale con l'impianto, una manutenzione predittiva e preventiva in grado di ottimizzare le performance dell'impianto.
Il modello prevede che sia la tecnologia ad adattarsi alle persone, e non viceversa, attraverso sistemi sempre più evoluti e interattivi che tengano conto delle specifiche esigenze degli operatori. Rientrano in quest’ottica anche i sistemi di assistenza mobile a guida autonoma per la logistica in produzione e distribuzione, nonché gli assistenti mobili per l'assemblaggio. Questi sistemi offrono flessibilità e scalabilità, garantendo al contempo la massima sicurezza dei processi e degli operatori. Grazie a interfacce avanzate e numerose funzionalità, inoltre, supportano il personale nei processi logistici e di produzione, semplificando le operazioni di trasporto.
Gli assistenti di assemblaggio fungono da banchi da lavoro intelligenti ed ergonomici, mentre gli assistenti alle movimentazioni aiutano grazie all'impiego di robot collaborativi. Si muovono autonomamente, quindi, ma soprattutto comunicano tra loro e scambiano dati, operando come un sistema integrato intelligente, grazie all'innovativa tecnologia di controllo decentralizzato nota come "intelligenza collettiva".