In un impianto per la lavorazione della plastica il costo energetico ha un impatto diretto su quello di gestione, tanto che in questo specifico ambito l’efficienza energetica è perseguita al fine di coniugare la riduzione dei costi di approvvigionamento energetico con il sostegno all’efficienza energetica stessa.
Chiamata insieme ad altri comparti, che prevedono lavorazioni altamente energivore, a esaminare il proprio processo produttivo e a renderlo il più efficiente possibile, anche l’industria della produzione e della lavorazione della plastica si sta interrogando su come mantenere la propria capacità produttiva consumando meno energia.
Ma che si tratti di implementare nuove tecnologie o di attuare il revamping (attraverso interventi strutturali) di impianti ormai obsoleti, ogni processo produttivo ha bisogno di soluzioni ad hoc a cui ricorrere solo dopo un attento audit energetico al fine di valutare quali e quante risorse eventualmente vengano sprecate. A questa prima fase segue, solitamente, un’analisi dei fabbisogni energetici e delle soluzioni tecnologicamente implementabili sulla base di approfondite analisi di fattibilità tecnica ed economica.
Obbligate a sviluppare una coscienza ambientale sia dalle tematiche relative al riutilizzo delle materie plastiche e allo smaltimento dei rifiuti, sia perché le plastiche forniscono un contributo concreto al conseguimento degli obiettivi di efficienza nell’uso delle risorse, le aziende di produzione delle materie plastiche sono particolarmente sensibili al tema dell’efficienza energetica.
Al di là del fatto che le materie plastiche sono alla base di materiali innovativi che riescono a evitare alti consumi (se non sprechi, per esempio, in materia di packaging alimentare), le aziende di questo settore (che legano il proprio processo produttivo all’efficienza energetica) sono in grado di evidenziare e trasformare i punti di debolezza in opportunità per il futuro.
Le spese energetiche rappresentano, infatti, la terza voce di costo nel bilancio delle aziende della plastica e il loro contenimento rappresenta una necessità per mantenere elevata la competitività sul mercato. A patto, naturalmente, di non pregiudicare la funzionalità e l’efficienza dei processi produttivi del settore.
Un esempio su tutti, in questo specifico ambito, è rappresentato dall’estrusore dal quale l’industria delle materie plastiche ottiene “estrusi”, ossia pezzi a sezione costante. Proprio l’estrusore risulta la principale componente “energivora” in azione all’interno di questa tipologia di impianto.
Un modo per contenerne il “consumo” è scegliere riduttori per estrusori che utilizzino soluzioni ad hoc che consentono unrendimento superiore, anche a livello energetico.
All’interno di un impianto per la produzione della plastica possono, infatti, esistere più estrusori e ognuno di loro può avere una potenza tra i 200 e i 300 kW. Da qui il ruolo centrale del riduttore che muove la vite di estrusione all’interno del cilindro in cui viene compresso il materiale che – scaldandosi – si trasforma nel prodotto finale, generalmente film o buste di plastica.
Nello specifico, la scelta del riduttore più adatto a un impianto di lavorazione della plastica va selezionato in termini di affidabilità, per massimizzarne la funzionalità e l’efficienza.
Che sia abbinato a un classico motore trifase a un motore ad alta efficienza, l’obiettivo di chi utilizza un impianto si conferma la scelta della “taglia” giusta, ossia la più piccola possibile affinché non si verifichino problemi di affidabilità. Un riduttore molto grande, infatti, si rompe difficilmente ma l’energia per farlo funzionare è decisamente elevata, mentre una misura corretta consente di massimizzare anche l’efficienza energetica.
A tal proposito, non stupisce che anche in questo settore si comincino a registrare richieste di Condition Monitoring, ossia di monitoraggio per determinare le condizioni dei macchinari in uso in un impianto al fine di intervenire sulle singole componenti prima che verifichino eventuali guasti.
Non solo attraverso sistemi per la misurazione della temperatura ma anche tramite il ricorso a sensori in grado di valutare la qualità del lubrificante utilizzato.
Meno cambi olio si attuano, minori saranno i costi di gestione, a fronte di una serie di fattori oggettivi da ottemperare. Tra questi: il costo del lubrificante a cui vanno ad aggiungersi i costi di smaltimento dell’olio usato (catalogato come materiale inquinante e, quindi, soggetto a severe procedure certificate), e il tempo impiegato sia per svuotare l’impianto sia per riempirlo nuovamente.
Infine, sempre in tema di Condition Monitoring applicato agli impianti per la produzione della plastica, un sistema di controllo delle vibrazioni permette di percepire un malfunzionamento quando ancora non costituisce un problema.
Perché un impianto che funziona male non è solo a rischio di rottura ma consuma anche più energia.